“Come stai?” Non saprei dire risponderti… vado a ondate, a cicli sempre più ravvicinati che mi stordiscono.
Ho intuito che il creato si muove con me, che il sole sorge quando lo penso, che le braccia sono ali e le gambe il sostegno della terra, che il cuore è il pulsare delle stagioni e che l’estate che sta per arrivare sarà fresca e assolata, ma non l’ho realizzato pienamente dentro me.
Tutto, ma proprio tutto ciò che penso si realizza, ma a dire il vero, non so come arriva; direi piuttosto che c’ inciampo, apparentemente per errore, ma non ricordo mai con precisione la via iniziale da cui sono passata.
Oh… ma sono rari questi momenti di grazia, Dio sa che ci sono stati veramente. Ed è in quei momenti di grande apertura che realizzo quanto tutto sia possibile con una semplicità e una velocità disarmante.
Poi… ecco il buio, la contrazione, il dolore fisico, la rabbia, lo sbigottimento: arrivano insieme a braccetto, mai da soli, specie dopo una notte di sonno troppo leggero, inaspettati come ospiti non graditi, sai cosa intendo, no? Di quelli che sbuffi nel vederli entrare in casa tua, voltando la faccia dall’altra parte per non far trapelare il tuo vero stato d’animo, di quelli che speri se ne vadano al più presto. Sì perché loro entrano sempre quando stai facendo qualcosa che ti interessa tanto tanto, ma non hai il coraggio di dire loro la verità e cioè vattene, ora non posso, mi stai rompendo!
Sono appesa a un filo: in un attimo posso cadere e perdermi calpestata dalle paure che conservo con accanita dedizione e l’attimo dopo risalire per quel filo e guardare al bosco interiore come un viaggio che rifarei da qui all’eternità.