….Era il tempo delle facili speranze, costruite ad arte dalla famiglia Agnelli e dalla politica di allora, ma io questo non lo potevo certo comprendere. Ero in quella fase della vita dove l’amore lo respiravo, lo vedevo e lo sentivo a prescindere.

Il mio era un mondo pieno di fervore, di possibilità, di gente disponibile, gioiosa, attiva e mi piaceva. Sì mi piaceva davvero tanto. Come mi piaceva sentire la radio con mio padre e cantare a squarciagola in macchina, io e lui, mentre mia madre guardava fuori dal finestrino le strisce luminose della città. 

Nella prima casa in cui ho vissuto, in cucina, troneggiava la macchina da maglierista di mia madre, tutta fatta interamente in ferro, pesantissima. Ricordo bene il suo suono, “trun trun trun” e lei piegata su quei frontoni enormi, con la il lavoro che man mano scendeva, tirato da oggetti tondi, sempre di ferro pieno.

Ricordo il tavolo dove metteva insieme i pezzi del lavoro e li assemblava, lo stesso su cui faceva i gnocchi e gli agnolotti.

Ricordo il luccichio degli occhi di mio padre ogni volta che arrivava il piatto pieno di delizie create su quel tavolo, solo per lui: sì perché mio padre in quella casa era il re; portava a casa la pagnotta, lui…

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